Grave situazione di pericolo del centro storico cittadino e del paesaggio inserito nel sito del Patrimonio Patrimonio Mondiale UNESCO: la Reggia di Caserta del XVIII sec con il parco, l’acquedotto del Vanvitelli e il complesso di San Leucio.
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Dopo gli ultimi abbattimenti di edifici storici, fra le tante segnalazioni sdegnate pervenute alla sezione di Caserta di Italia Nostra, abbiamo ricevuto la seguente nota dell’arch. Maria Correra:
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“Ma era solo un vecchio rudere, non aveva alcun valore architettonico”.
I Casertani che mi danno queste risposte meritano di avere quello che stiamo vedendo in città. La colpa sarà sicuramente degli incentivi che lo stato destina alla nuova edilizia, non certo di chi ci amministra…
Ma sta di fatto che la nostra storia sta velocemente sparendo e noi casertani ci ritroviamo ad abitare una città anonima, senza identità, che potrebbe essere qualsiasi luogo, dove non ci riconosciamo più. Ma che importa a chi dà importanza solo al profitto?
C’era un palazzetto donato da un privato, gia’ esistente nei primi anni ’60, che grazie alla cura di Suor Carla, suor Orsolina e tante altre consorelle Immacolatine di Lourdes, ha fatto crescere generazioni di bambini, oggi adulti, nel magnifico aranceto che, attraverso un viale, conduceva alla grotta dove c’era la statua della madonnina. Quei bambini giocavano ed imparavano le prime lezioni dell’asilo, festeggiando i loro compleanni nelle sale dedicate alle lezioni.
C’era poi la processione con le candele che ogni anno si faceva con i fedeli e le ospiti del pensionato, in onore della Madonna di Lourdes. Seguiva sempre un piccolo rinfresco offerto dalle suore.
La domenica mattina all’alba, le suore cominciavano le loro preghiere ed intonavano i canti in attesa della celebrazione della Messa dopo la quale i fedeli si intrattenevano all’uscita per i saluti e qualche chiacchiera.
Poi c’era un altro palazzetto che aveva delle persiane in legno, quelle alla napoletana che oramai erano sgangherate e cadenti, ma infinitamente belle. Ebbene, lì c’era un piccolo esempio di artigianalità industriale, un’officina meccanica che produceva pezzi lavorati al tornio. Chiaramente anche qui il giardino alle spalle della facciata aveva il suo fascino, che non è sfuggito ai nuovi proprietari.
Chiudo con i ricordi parlando dell’affascinante villetta liberty non molti anni fa ristrutturata, anche questa ovviamente dotata di giardino privato, uno degli ultimi esempi di architettura liberty in pieno centro cittadino. Ma non disperiamo: ci sono sempre villa Vitrone e villa Galeno in via Renella. A quando il loro abbattimento? Eppure anche queste posseggono un bel giardino.
Via Renella rappresenta una tra le più antiche strade di Caserta al margine del centro storico ma comunque con peculiarità caratterizzanti l’epoca della sua formazione”.
A tale riguardo, più volte la sezione di Caserta di Italia Nostra onlus, ha segnalato, sia a mezzo stampa che con documenti inviati agli Enti preposti, e con iniziative di sensibilizzazione (raccolta firme , esposti), la necessità di salvaguardare i vari centri storici del territorio comunale casertano, in relazione anche alle leggi emanate nel tempo e ai dispositivi di tutela del patrimonio storico-artistico del complesso vanvitelliano inserito durante il 1997 nella World Heritage List dell’UNESCO.
Per quanto riguarda la legislazione urbanistica relativa ai tessuti storici delle città, già la Legge 25 aprile 1938 sanciva l’obbligatorietà di richiedere l’autorizzazione preventiva da parte di chi volesse svolgere attività edificatoria per lavori da eseguire su edifici esistenti all’interno dei centri abitati.
Dopo la legge urbanistica n.1150 del 1942 ed altri provvedimenti legislativi, la legge 457 del 5 agosto 1978, dal titolo “Norme generali per il recupero del patrimonio edilizio esistente”, ha previsto la redazione di piani di recupero di iniziativa privata e pubblica. Da essa è scaturito il primo piano di recupero della città di Caserta, varato negli anni ‘ 90 del secolo scorso. La successiva legge 493 del 1993 ha previsto inoltre i Programmi di recupero urbano e di riqualificazione e di sviluppo sostenibile – PRUSST.
L’obiettivo delle leggi riguardanti i centri storici e la pianificazione delle zone circostanti è stato comunque di delimitare e normare gli interventi in aree di interesse storico-artistico, definite zone A, per preservare l’identità dei luoghi nell’evolversi del tempo, il cosiddetto genius loci.
La configurazione urbana e paesaggistica del territorio casertano era già perfettamente leggibile in una incisione settecentesca, eseguita da G.B. Pacichelli nel 1703 (nel volume Il regno di Napoli in prospettiva), che mostrava la città medioevale (Casa Irta), munita di mura, chiese e castello, posta in cima dei colli Tifatini. Il restante territorio era caratterizzato da una serie di piccoli borghi disseminati lungo le falde collinari (i più antichi) e all’interno della fertile pianura campana, quelli di più recente realizzazione. Erano già distinguibili in piano i nuclei di Centurano, con il nuovo Palazzo vescovile, il villaggio Torre con il palazzo feudale degli Acquaviva e il casino di caccia del Belvedere. Una modesta viabilità rurale collegava la disposizione policentrica dei vari nuclei medioevali con la città e con le altre aree dell’intera regione. Non si sovrapponeva ancora all’antico tracciato il nuovo disegno settecentesco, che riconfigurerà l’intera area secondo l’asse della composizione vanvitelliana della reggia prolungandosi a nord nel Condotto Carolino fino ai monti del Taburno e a sud nella strada con canale navigabile che avrebbe collegato Caserta, nuova capitale del regno, con il golfo di Napoli.
Per tale straordinario intervento di creazione di un nuovo paesaggio che si fonde con quello settecentesco e con quello precedente della centuriazione romana, rafforzata dalle attività di bonifica ottocentesca dei Regi Lagni, nessuno studio approfondito è stato portato avanti per analizzare lo stato attuale del territorio e per programmare politiche di conservazione in grado di attuare misure di tutela dei segni ancora evidenti diffusi sull’intero territorio casertano.
Unica attività in tal senso quella formulata dall’Unesco che, prima di inserire il complesso casertano nella Lista del Patrimonio Mondiale, ha richiesto al Ministero per i Beni e le Attività Culturali ( attuale MIC) che:
-tutto il Complesso Settecentesco fosse vincolato ai sensi della legislazione vigente;
– intorno al complesso fosse istituita una fascia di rispetto e inedificabilità compatibile,
-fosse elaborato un programma di salvaguardia dei monumenti vanvitelliani escludendo gli usi militari,
– fosse redatto un piano paesaggistico delle aree vincolate circostanti il complesso settecentesco e un piano di gestione del sito da far rispettare e attuare da parte di tutti gli enti preposti al governo del territorio circostante.
Nonostante a Caserta questi dispositivi di tutela siano stati attuati in parte e approvati, essi non riescono a garantire la salvaguardia complessiva del sito cosi come indicato dall’UNESCO e così come prescritto in tutte le località sedi di monumenti appartenenti al patrimonio dell’intera umanità.
Ne sono testimonianza le demolizioni e le alterazioni del tessuto urbano cittadino:
– le trasformazioni edilizie che si realizzano anche nelle aree vincolate paesaggisticamente come le frazioni pedemontane e Casertavecchia,
– gli sventramenti e le alterazioni del tessuto urbano adiacente al parco della Reggia
– le alterazioni del tessuto urbano dell’area di S. Leucio con la realizzazione di nuove edificazioni e del nuovo asse urbano ( cosiddetta bretella, a suo tempo osteggiata perchè possibile avvio di una deleteria urbanizzazione dell’area) ,
– la mancata realizzazione della cessione dell’intera gestione della Reggia al Museo autonomo costituito dal MIC, permanendo ancora la occupazione parziale del complesso da parte dell’Areonautica Militare,
– la ventilata realizzazione di alloggi all’interno del complesso dell’ex Convento di S. Francesco di Paola, in area immediatamente adiacente alla Reggia e al Parco;
la proposta di costruzione di residenze per studenti nella ex-caserma Balducci che insite nell’area dei Mulini di San Benedetto, costruiti da Carlo Vanvitelli per sfruttare l’ultimo tratto del condotto Carolino che poi si sarebbe immesso nel più antico condotto del Carmignano,
– le alterazioni del centro storico casertano con realizzazione di volumetrie del tutto estranee al precedente assetto di città evoluta nel rispetto del progetto di città reale elaborato da Luigi Vanvitelli,
– la mancate realizzazione di un piano di riqualificazione dell’area, elaborato con gestione attenta delle alberature e del verde e degli edifici che insistono sulla piazza, sulle arterie storiche, sul vialone Carlo III e sulle strade adiacenti al nucleo storico precedente alle realizzazioni borboniche.
Invece di programmare nel rispetto degli indirizzi predisposti secondo le direttive dell’UNESCO si è infatti assistito ad interventi che hanno stravolto il centro storico, con abbattimenti, trasformazioni edilizie, con la prospettiva di abbattere e edificare il nuovo con incremento di superficie e volumetria. Di questo sono esempi il Palazzo Castropignano, antica sede del comune, il Palazzo Monti, la locanda della Posta, nell’antica piazza Mercato attuale piazza Vanvitelli, il palazzo Montanaro in via Tanucci.
I motivi addotti sono stati vari ma sempre ripetitivi, quali il degrado degli immobili non soggetti a una manutenzione costante o alla necessità di costruire al posto di palazzetti ottocenteschi, più o meno degradati, edifici moderni che modificano le antiche tipologie a corte e producono un carico abitativo raddoppiato. Basti pensare all’asse settecentesco di via Tanucci, dove la tipologia edilizia è stata alterata occupando tutti i cortili e i giardini e variando quello che era il rapporto equilibrato tra facciata esterna, cortile e giardino. Analogamente si è operato per via Giannone e Piazza Vanvitelli, cuore del villaggio Torre adiacente al parco reale. Inoltre l’aumento del carico abitativo ha generato conseguenze disastrose per il traffico veicolare e per la vivibilità del piccolo centro cittadino.
Altro intervento poco incline a ricercare un rapporto adeguato con l’intorno è l’edificio sorto in piazza Correra; la “nuova versione” di volumetrie, materiali e colori, dell’ex Palazzo Montagna, interrompe bruscamente il dialogo coi “fatti urbani” di Via Vico, asse importante per la storia cittadina, a pochi metri dalla Cappella gentilizia dei Della Ratta ( sec. XVIII).
Gli ultimi abbattimenti riguardano via Roma e Via Renella ( già via Napoli) dove persistono palazzi novecenteschi e in stile liberty, che sono un esempio rilevante della storia urbana e dove , come in v. Tescione, villette liberty sono state abbattute per far posto a nuovi edifici.
Si chiede pertanto alla Commissione Nazionale UNESCO, all’amministrazione Comunale di Caserta, alla Commissione Edilizia Integrata del Comune di Caserta ( che ha il compito di autorizzare gli interventi edilizi in aree vincolate) e alla Soprintendenza ABAP che si valutino con attenzione gli interventi sul patrimonio edilizio storico cittadino, riconoscendolo di pubblico interesse e di valore identitario, nel rispetto dei vincoli di tutela e dei piani e dei programmi richiesti dall’UNESCO, che ha il compito di sorvegliare sull’attuazione delle misure di tutela e di intervenire in caso di necessità anche con provvedimenti di censura e di annullamento e modifica delle dichiarazioni di interesse.
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